La ripresa sarà diversa dalle precedenti. Una lunga fase di crescita forte è possibile ma l’inflazione non sarà temporanea
Più i giorni passano più BlueStar si convince che questo ciclo di ripresa sarà totalmente diverso dai precedenti. Il nostro non vuole necessariamente essere un messaggio negativo di lungo termine, al contrario. Semplicemente, però, illuderci di poter avere solo gli aspetti buoni della ripresa, al cubo, non è realistico. Le componenti inflattive, da qualunque parte si guardi, continuano a montare e per quanto, per ora, il dubbio se questo sia temporaneo o permanente è lecito (il mercato sposa lo scenario più “comodo”) a noi sembra chiaro che sia tutto il paradigma deflattivo degli ultimi 20 anni che si sta girando. Sono mesi che elenchiamo i motivi alla base della nostra aspettativa, per cui ci limitiamo a quelli più evidenti. La domanda aggregata è letteralmente esplosa, grazie all’enorme ammontare dei sussidi, mentre l’offerta arranca. È più veloce fare un click sul carrello di Amazon che costruire una fabbrica nuova, rilocandola magari in patria lontana dai mercati emergenti. Niente di cui questi ultimi dovrebbero preoccuparsi comunque visto che, molti tra questi, sono oggi molto più indipendenti dall’export e sono più concentrati a rendere sostenibile la propria crescita interna, Cina in primis. Difatti il RMB si sta rafforzando, calmierando l’inflazione interna, piuttosto che indebolirsi, per esportare di più. Ricordiamo che gli EM sono coloro che hanno stimolato meno l’economia nella pandemia. Il mondo si sta capovolgendo: gli emergenti devono controllare, i paesi sviluppati devono espandere. L’utilizzazione della capacità produttiva scorporata dal ISM americano si trova ai massimi degli ultimi 21 anni e per quanto si stiano annunciando piani di re-localizzazione, infrastrutture e investimenti questi prima vanno approvati, finanziati e implementati. Non sarà per domani. Alcune componenti del CPI americano inoltre sono destinati ad aumentare, come gli affitti ad esempio, dopo la fine della moratoria sugli sfratti. Derubricare l’aumento del CPI poi solo alla componente auto usate, come ha affermato qualcuno, ci sembra davvero riduttivo e demistificante. I colli di bottiglia dell’offerta sono dappertutto, dai chip, alle auto, alle materie prime industriali, al legno, fino ai premi dei cataloghi dei punti al supermercato. Difatti i prezzi dei noli marittimi sono alle stelle, i porti sono intasati e c’è chi già oggi si preoccupa di come fare a consegnare in tempo per Natale. Intanto i salari orari continuano ad aumentare (in USA ad un ritmo del 7.4% annualizzato) e siamo probabilmente alle soglie di un super-ciclo sulle materie prime causato da domanda crescente, offerta limitata, demografia, scarsità dell’offerta. D’altronde la rivoluzione verde che i governi stanno sbandierando ad ogni costo non può prescindere dalla disponibilità di materie prime “sporche”. Un giorno, fra 30 anni, potremo forse fare a meno del petrolio, delle terre rare, dal rame, argento, nickel etc. Oggi invece multiamo, insultiamo, denigriamo e ci tappiamo il naso con atteggiamento snobistico davanti agli estrattori sbandierando slogan verdi. Il risultato è una forte riduzione degli investimenti e di conseguenza dell’offerta. Non esiste rivoluzione verde senza metalli (e senza una fonte “ponte” come il fossile o il nucleare) e non esiste estrazione dei metalli che sia ESG compliant. I produttori andrebbero sovvenzionati, non multati. Biden e la Merkel o non lo capiscono o fanno finta. Tanto quando i nodi verranno al pettine loro non saranno più al loro posto e nel frattempo cavalcano l’onda del consenso. Meno offerta, tanta domanda uguale prezzi alle stelle. Semplice. Questi elementi, a cui aggiungeremmo le politiche anti-populismo a favore del ceto medio, non sono temporanei. Tanti, o tutti, di questi elementi sono certamente positivi per il lungo termine: un mondo più vivibile e sano, una crescita sostenibile, un nuovo equilibrio dopo gli eccessi della globalizzazione, una riduzione della forchetta del reddito tra ricchi e poveri, il Mulino Bianco; ma nel frattempo non sono scevri da effetti collaterali. Amazon e affini non basteranno a calmierare l’inflazione, ormai sono dei monopolisti enormi con un pricing power elevato e viste le loro dimensioni cominciano ad essere notate e subiranno certamente qualche forma di regolamentazione. Amazon è uno dei datori di lavoro più grandi al mondo, gli stanno entrando in casa i sindacati e si sta rendendo conto che non può più spremere i propri dipendenti come limoni. Chi compra su Amazon lo fa per comodità ed infinita scelta, non più (solo) per il prezzo. E Jeff, nel frattempo, deve finanziare i suoi viaggi intergalattici…